Lo si conosce ancora poco: passi avanti sono stati compiuti sul fronte della diagnostica, ma siamo ancora al palo su quello della terapia. La chiave di volta sta ancora e sempre nella ricerca, per individuare la cause della sua insorgenza. Stiamo parlando dell’Alzheimer, una malattia in costante crescita, legata naturalmente all’incremento dell’età media. Che però non spiega tutto.
Di questo tema, e del sostegno offerto dal Rotary per favorire la ricerca, si è parlato nei tre interclub che si sono svolti fra dicembre e febbraio nell’area estense. Il primo è stato organizzato dai RC Ferrara e Ferrara est, il secondo dai RC Cento e San Giorgio di Piano. Il terzo fra i RC Copparo e Comacchio-Codigoro-Terre pomposiane. Protagonista di tutte queste serate è stato il prof. Paolo Zamboni, scienziato di fama internazionale, professore presso l’ateneo di Ferrara, direttore del centro malattie vascolari e autore di innumerevoli ricerche fra cui quella sulla sclerosi multipla che sta aprendo nuovi insperati orizzonti.
Dell’Alzheimer si diceva: ne sono colpiti 47 milioni di persone di cui 1.200.000 solo in Italia che saliranno a 4 milioni a metà secolo. I G8 hanno inserito la malattia fra le emergenze sanitarie del pianeta. Il Rotary si è voluto impegnare nel sostegno alla ricerca grazie alla decisione, assunta dal dal governatore Maurizio Marcialis di dedicare il service di quest’anno delle consorti (guidate da Flavia Marcialis) proprio a un’indagine scientifica su questa terribile malattia, affidandola appunto al prof. Zamboni e alla sua equipe, in particolare la ricercatrice Erica Menegatti.
Il tema specifico dello studio è “Asse cuore-cervello nella malattia di Alzheimer e nei disturbi cognitivi”. Si tratta dunque di studiarne la diagnosi precoce e l’evoluzione. Non si parte da zero. Ad esempio, proprio “l’asse” fra cuore e cervello, ha osservato Zamboni negli applauditissimi intervento, costituisce il “punto di attualità” nello studio delle malattie degenerative. Diabete e ipertensione, inoltre, costituiscono certamente fattori di rischio per le malattie cognitive, come del resto lo scompenso cardiaco. Inoltre “Un ostacolato scarico delle vene giugulari peggiora la prognosi di Alzheimer”.
Dunque la ricerca “rotariana”: Zamboni sta effettuando uno studio su circa 300 soggetti di età compresa fra i 50 e i 70 anni, equamente distribuiti fra persone “senza disturbi”, “con disturbi lievi” e “con diagnosi Alzheimer allo stadio iniziale”. Saranno tutti sottoposti a un esame ecografico ingegnerizzato e sincronizzato con l’elettrocardiogramma. Si tratta dello stesso che Zamboni sperimentò con gli astronauti (a cominciare da Samantha Cristoforetti) in modo non invasivo. Quel particolare, eccellente know how viene ora trasferito nel campo delle malattie neurodegenerative per capire se questi parametri si legano al decadimento cognitivo. I risultati della ricerca, che di fatto è “un incubatore” capace, ci si augura, di aprire nuove importanti strade, saranno resi noti in occasione del Congresso di giugno, ha annunciato lo stesso Zamboni che non ha nascosto di essere molto orgoglioso di questa scelta proattiva del Rotary.
Il relatore ha approfondito ulteriormente alcuni aspetti della complessa problematica ammettendo che la sua ricerca è molto focalizzata sugli aspetti cardiocircolatori e, come già si accennava, sul ruolo delle onde di pressione che si propagano nel cervello, sia lungo il sistema arterioso che su quello venoso.
Alberto Lazzarini