Sabato 23 novembre 2019
Technogym Village – Via Calcinaro, 2861 – Cesena
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“Nemmeno con un fiore. Basta violenza sulle donne“
Un evento da incorniciare per il nostro Distretto. È stato quello vissuto al Technogym Village di Cesena sabato 23 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra in tutto il mondo. Nella prestigiosa sede dell’azienda fondata nel 1983 dal socio del club di Cesena Nerio Alessandri, si è svolto un convegno sul tema “Nemmeno con un fiore. Basta violenza sulle donne“,
La manifestazione è stata organizzata dai Rotary dell’Emilia-Romagna, con capofila quello della Valle del Rubicone guidato da Rodolfo Baldacci che ha definito il Rotary “un insieme di persone normali che fanno cose straordinarie”, e con il sostegno del Distretto guidato dal governatore Angelo Andrisano che ha aggiunto: “Noi vogliamo portare avanti campagne di sensibilizzazione come questa che stiamo realizzando oggi”.
(nella foto da sinistra verso destra i Presidenti) Ilario Cavallaro (R.C. Cesenatico Mare), Sandro Carriero (R.C. Novafeltria Alto Montefeltro), Filippo Raffi (R.C. Cervia Cesenatico), Alessio Avenanti (R.C. Cesena), Rodolfo Baldacci (R.C. Valle del Rubicone), assente giustificato Beniamino Torelli (R.C. Valle del Savio), ci sono anche il giornalista Gigi Riva, il Governatore Angelo Oreste Andrisano (Distretto Rotary 2072), Alberto Ridolfi (R.C. Forlì Tre valli), Amelia Tienghi (R.C. Ravenna).
Davanti a 300 persone, dopo i saluti delle autorità rotariane e di Pierluigi Alessandri, socio del club Valle del Rubicone intervenuto a nome dell’azienda, ha preso la parola la consigliera regionale Lia Montalti che ha portato i saluti del presidente Stefano Bonaccini e del sindaco Enzo Lattuca. La Montalti ha snocciolato un po’ di numeri: “Nel 2018 sono state 5.000 le donne che hanno avuto contatti con strutture di aiuto, le nuove vittime sono state 2.500 e 1.750 nei primi sei mesi di quest’anno. In Emilia-Romagna sono attivi 21 centri antiviolenza e 40 case rifugio. Non mancano i centri di recupero per gli autori di violenze, 15 sul territorio regionale. Sono stati investiti 11 milioni di euro in particolare come sostegno all’occupazione femminile e 30 milioni per abbattere le rette sugli asili nido”.
Si è entrati nel cuore del convegno con la relazione del professor Vittorino Andreoli, forse il più noto psichiatra italiano. Più che una relazione, la sua è stata una lectio magistralis, come l’ha poi definita la onorevole Lucia Annibali. “Difendiamo la nostra grande civiltà – ha detto in chiusura il noto scienziato – e allora difenderemo anche la donna”.
“La violenza sulle donne – ha sostenuto Andreoli – non è una patologia mentale. Uno che violenta una donna non è un folle. I disturbi della mente sono un’altra cosa. Solo in alcuni casi si arriva alla violenza. Oggi ci troviamo di fronte a una civiltà che dimostra di essere in agonia”.
Ma che cos’è una civiltà? – si è chiesto lo studioso. Andreoli è andato in prestito dal filosofo Giambattista Vico nato a Napoli nel 1668: è un processo di trasformazione dell’uomo da una concezione barbarica a una civile. E allora saremmo in crisi di civiltà perché ci avviciniamo sempre di più all’animale, non controllando le pulsioni, gli istinti. “Non è civiltà – ha aggiunto Andreoli – quella che ha un rapporto così tra predatore e preda”.
“Noi siamo dotati di un cervello che ci permette di usare la ragione – ha proseguito il professore – che ha prodotto i principi dell’umanesimo, quelli su cui è fondata la nostra comunità, la nostra convivenza. Quelli che mettono al centro il rispetto per l’uomo e per la vita. Essere contro la donna significa essere contro la vita. La donna è una presenza sacra, non nel senso di religiosa, che ci riporta a ciò che non riusciamo a definire. Mi rifiuto di parlare di pari opportunità. Il rispetto della donna è molto di più delle pari opportunità”.
La donna attende nove mesi per diventare madre e generare una nuova vita. Nei nove mesi di gestazione accade qualcosa di incredibile, impensabile per l’uomo. “La donna ha la caratteristica dell’attesa. E l’attesa è immaginare il futuro. La donna sa essere paziente”, ha detto ancora il professore.
Dall’io portato all’ennesima potenza con Freud, “dobbiamo ammettere che mai nell’esistenza siamo solo un io perché siamo sempre in relazione, siamo un noi – ha detto ancora Andreoli –. C’è bisogno del noi, di soggetti diversi che danno il loro contributo. Oggi invece domina l’odio. Siamo in presenza di una condizione di frustrazione, di una sensazione di mal d’essere che poi diventa rabbia. E la rabbia è la violenza interna che tende a uscire”.
Invece c’è sempre bisogno dell’altro. Due fragilità generano l’amore, in un continuo scambio. Ci si sente gratificati facendo qualcosa per l’altro e ciò rappresenta una grande gioia. Il legame è una storia. “E i conflitti familiari? – si è chiesto Andreoli –. Viveteli, nell’ambito della storia della vostra famiglia, nella comprensione. E finiscano sempre in un abbraccio. La vita non è mai un attimo”.
Lo psichiatra ha affrontato anche il tema della gelosia. “Dopo gli anni della grande libertà, gli anni ’60, senza legami, in cui tutti si volevano sentire liberi, oggi la gelosia ha un’intensità altissima. Gli adolescenti sono gelosissimi”, ha proseguito il professore. “La gelosia è il bisogno indebito dell’altro, una appropriazione. È il tentativo di una predazione, di una condizione di dominio. Al contrario, il legame è la possibilità di vedersi assieme”.
Andreoli ha poi sottolineato la brutalità dello stupro. “Il gesto non ha niente a che vedere con la sessualità – ha sostenuto – perché lo stimolo è la violenza. Pensate a una vostra scena di amore, durante la quale non c’è bisogno di parlarsi. In quei frangenti si dà tutto all’altro, in un piacere che va oltre. Dal punto di vista etimologico la parola amore significa mancanza di morte. Non si ha più paura di niente. Nella violenza, invece, i gesti sono privi di qualsiasi valenza di scambio. Si tratta solo di brutalità, spinta dal desiderio di dominare. È il piacere della violenza”. L’antidoto, allora, è l’educazione che passa attraverso il padre e la madre, insieme.
Infine, lo psichiatra ha ribadito il concetto cardine del suo applaudito intervento: “Dobbiamo difendere la nostra civiltà. Questo nostro Paese è stato una culla di civiltà. Dobbiamo amare questa nostra terra, perché una comunità è fatta anche di un luogo fisico”.
L’onorevole Lucia Annibali ha dialogato con il giornalista dell’Espresso, Gigi Riva. “Sto bene – ha detto la donna sfregiata con l’acido –. Guardiamo avanti. Sono ancora in cura al Centro grandi ustionati di Parma, il luogo in cui ho capito chi sono e che persona voglio essere. Cerco di impegnarmi perché questi dolori siano raccontati con le parole giuste. Ad esempio, la gelosia va ben spiegata. Le donne devono sgretolare il senso di vergogna. Se si condividono certe esperienze si può essere più forti. No, comunque, al negazionismo. Lasciateci vivere liberamente”.
Melissa Milani, già arbitro di calcio e oggi presidente regionale del comitato paralimpico dell’Emilia-Romagna, nel 1988 vide abbandonare il campo dalle squadre di calcio di Iran e Iraq che si rifiutarono di giocare con una donna al centro del campo. “La lista sarebbe lunga anche in Italia – ha detto la Milani incalzata dalle domande di Riva –. Il fatto che più mi feriva era ascoltare le mamme dei ragazzi che mi umiliavano quando arbitravo le partite dei loro figli”
Infine, un accorato invito, quello che parte da chi sa vedere quel che c’è e non quel che manca, anche a livello fisico, grazie alla vicinanza con gli atleti paralimpici: “Allora, tutti insieme – ha concluso la Milani – diamoci da fare per abbattere le barriere culturali delle differenze, e puntiamo lo sguardo sulle competenze”.
Francesco Zanotti / Presidente incoming R.C. Cesena