Pubblichiamo l’intervento, tenuto in Prefettura nell’ottobre scorso, dalla rotariana Maria Grazia Palmieri che, insieme ad altri soci Rotary, appartiene alla Consulta tra Antiche Istituzioni Bolognesi
La storia a volte ci passa vicino e non la riconosciamo nella sua essenza e nel suo valore. In Via Castiglione a Bologna, a fianco del Palazzo della Mercanzia, una vetrina espone le insegne di alcune corporazioni medievali, che la maggioranza di noi non ha notato, o ha notato distrattamente. Tra queste c’è quella della Compagnia dell’Arte dei Brentatori, nata nel 1250, riconosciuta legalmente nel 1407, soggetta a cambiamenti di statuto, e regolamenti comunali e pontifici e quindi eliminata dall’economia bolognese come tutte le altre corporazione, da Napoleone Bonaparte nel 1800. E’ rimasta sospesa in un limbo e nel ricordo degli storici sino al 1970, quando un albergatore bazzanese, Vittorio Rocchi, decise di farla rinascere. Oggi il maestro, o presidente della Compagnia, è chi sta scrivendo questo articolo, Maria Grazia Palmieri, rotariana come altri brentatori della Compagnia, nella quale ci sono anche alcune consorti di altri soci appartenenti al Rotary. La Compagnia ha l’onore di portare avanti la tradizione e la storia dei nostri territori, e di trasmettere il bere vino in modo consapevole, senza mai eccessi. Questi obiettivi insieme all’amicizia, sono il filo conduttore e super partes che punta ad unire popoli lontani per storia e vissuto. E per questo oltre ad un Trebbo o delegazione, in Svizzera che esiste da quasi 50 anni,ne è stato aperto uno da 2 anni in Finlandia e uno da pochi mesi in Oregon. Con la finalità di portare ancora la voce e gli obiettivi della Compagnia dell’Arte dei Brentatori all’estero e in Italia, in nuovi Trebbi.
A proposito di questi, erano i luoghi di ritrovo dei Brentatori antichi, a Bologna c’era il Trebbo di Strada Maggiore, quello di san Vitale, di “Gagliera” e via di seguito. Tanti luoghi di ritrovo per i Brentatori che avevano una frenetica attività, fra il trasportare il vino in città, applicare il giusto prezzo dopo averne saggiato le qualità e per questo divennero i primi sommelier della storia. Dovevano farsi pagare il dazio, consegnarlo seguendo regole precise, al tesoriere comunale e poi a quello apostolico, quando Bologna divenne parte dello stato Pontificio. Ma non solo, perchè il Brentatore era anche pompiere, il primo della storia, quindi in caso di incendio, doveva accorrere al suono della campana posta sulla torre Asinelli, luogo di ritrovo, per e poi darsi da fare a spegnere il fuoco, con la brenta colma d’acqua. La brenta era il suo strumento di lavoro a tutto tondo, ma anche mezzo di eventuali piccole o grandi truffe, per questo era stabilito un controllo semestrale, per verificare che la capienza non venisse alterata. Sì perchè di marachelle truffaldine, i brentatori ne commettevano eccome. Infatti si richiedeva da parte loro una registrazione meticolosa di venditore, acquirente e quantità di vino, per evitare che questo fosse trasportato di notte, vicino alle locande e agli alberghi, per poi venir travaso in fiaschi e portato qualche pezzo alla volta ai rivenditori ,senza che nessuno si accorgesse di nulla. Un magnifico Brentatore fu riprodotto nel 1660 dall’artista bolognese Giovanni Maria Mitelli , in una splendida acquaforte che mette in evidenza la brenta sulle spalle, nella quale trasportava vino,. La loro importanza era direttamente proporzionale a quella del vino che era al centro del divertimento e dell’aggregazione bolognese, e riuniva studenti in abbondanza, nell le molteplici osterie bolognesi, ma anche cittadini di tutte le età ed estrazione sociale. Il vino era quindi una fonte di grande guadagno per le casse comunali prima, e per quelle pontificie poi. Ma era anche al centro delle scorrerie dei soldati modenesi, che quando i Brentatori partivano dalla zona di Monteveglio, prossima a Bologna o da altre due località vicine,lper portare il vino in città, li aggredivano, lasciandoli senza nulla e malconci. Per evitare le scorrerie, nacque la strada o via dei Brentatori, che sviluppandosi in collina, tutelava il loro tragitto, sino ad arrivare sani e salvi a Bologna. Oggi questa strada è percorribile in parte per un sano trekking nel verde, e si possono vedere tre grandi targhe che la Compagnia dell’Arte dei Brentatori ha voluto apporre, per iniziare a segnare la loro antica via. Circa 10 anni fa la provincia di Bologna volle rimetterla al entro di un discorso turistico-storico e l’artista e scenografo di Hollywood Gino Pellegrini, che abitava a Savigno, ebbe l’incarico di realizzare delle opere dedicate ai brentatori. Alcune sono state realizzate non solo su carta ma anche a pannello. Una, per esempio si può ammirare a Monteveglio, eretta a due passi dall’edificio comunale. Mentre chi volesse scoprire la magica Officina Pellegrini, potrà scoprire a Savigno i luoghi di lavoro di un artista geniale, che qualche anno fa ci ha lasciati.
Oggi la Compagnia dell’Arte dei Brentatori si onora di fare parte della Consulta Tra Antiche Istituzioni Bolognesi e di essere stata presentata in questi giorni al Prefetto di Bologna e al pubblico, ai quali ha raccontato la sua lunga storia. Tre curiosità: un bellissimo affresco di un Brentatore è ammirabile all’interno dell’Abbazia di Pomposa. Il protettore dei brentatori è il beato Giovanni da Villa D’Ogna, che si celebra il 13 agosto. Infine, per entrare nella Compagnia, si usa una cerimonia che si richiama al suo passato, quella del “Bevi o vattene”. Il brentatore entrante, udito questo ordine da uno dei consiglieri, che indossano i regali abiti porpora disegnati proprio da Giovanni Maria Mitelli, deve bere in un sol colpo un bicchiere di vino, come prova di ingresso. A seguire, un consigliere sfiora le spalle del nuovo socio con un tralcio di una antica vite, ed il novello brentatore entra ufficialmente nella Compagnia, fa il suo giuramento e firma il libro dei nuovi ingressi.