C’è leadership e leadership, si sa. C’è quella autoritaria senza se e senza ma, e quella inclusiva. C’è poi la leadership che si adatta alle situazioni, anzi alle persone. Già, la persona. Non sono stati pochi i relatori che – fortunatamente – l’hanno posta al centro del proprio intervento nell’ambito dell’interessante convegno di sabato 24 marzo a Comacchio (Palazzo Bellini) organizzato dal Rotary distrettuale. Il tema era, appunto, la leadership. L’incontro si è svolto non casualmente nella cittadina lagunare, promosso dal governatore, l’architetto comacchiese Maurizio Marcialis, che ha così voluto rendere omaggio alla sua terra di origine alla quale ha dedicato, negli anni, un’intensa e proficua attività, anche di recupero dell’edilizia monumentale civile e diocesana.
Di grande e riconosciuto valore si è rivelata la mezza dozzina di relazioni, intervallate da un’intervista molto particolare. Fabio Storchi, rotariano, presidente della reggiana Comer industries, ha esordito narrando con grande passione la storia della sua azienda nata nel 1970 dall’intuizione, l’impegno e il sacrificio della sua famiglia, di origini contadine. Poi le superbe invenzioni (una stupefacente macchina che alleviava, e di molto, le grandi fatiche di agricoltori e braccianti). Dalla macchina agricola alla macchina movimento-terra e alle nuove tecnologie; poi la meccatronica che irrompe sul mercato con il nuovo secolo, la globalizzazione e la digitalizzazione: insomma un’azienda che ha vissuto, cavalcandola, l’evoluzione dei nostri tempi con l’imperativo categorico di essere innovativi e dunque competitivi fino a raggiungere i 400 milioni di fatturato consolidato odierno. Ma in tutto questo, ha poi sottolineato Storchi (dirigente degli imprenditori cattolici dell’Ucid e già presidente di Federmeccanica), la persona ha sempre avuto e sempre avrà, in azienda, il posto centrale: la leadership non può dunque che tenerne conto. Il lavoro, l’economia, sono infatti in funzione dell’uomo, non viceversa. Di qui un suo cruccio: “La ricchezza, nel mondo, dovrebbe essere distribuita meglio”.
Di una particolare intervista si accennava. Il responsabile della comunicazione del Distretto, Alberto Lazzarini, consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ha colloquiato con un altro imprenditore, il quarantatreenne di origini albanesi Durim Cillnaku, rotariano centese. Emozionante la sua storia, iniziata nel paese delle aquile ai tempi della dittatura stalinista, proseguita con la fuga nel 1991 su una nave colma di emigranti che sbarcò a Brindisi; fu una traversata che ebbe una felice svolta grazie all’incontro con una famiglia (cattolica e rotariana) che lo accolse e lo fece studiare. Durim poi si laureò a Bologna e infine intraprese un’attività autonoma; ora guida il Gruppo Clima ed è convintissimo che la leadership non possa che essere inclusiva. E’ naturalmente a favore dell’accoglienza: ”Io ne sono la prova che può funzionare”: se non avesse incontrato sul suo cammino certe persone, forse la sua vita avrebbe preso una piega diversa. E’ anche convinto – lo ha detto chiaramente – che ci sono troppi stereotipi di persone e di etnie, dipinte come realtà distorte e spesso piegate a interessi di ogni genere. Lazzarini ha anche ricordato il progetto “Vita per l’Albania” realizzato dl Rotary negli anni ’90.
Originale anche l’intervento di Adriano Facchini, una vita a dirigere aziende qua e là per l’Italia, e da qualche anno attivissimo nel territorio ferrarese dove, fra l’altro, ha dato vita a Misen, la “sagra delle sagre”. Già, il volontariato: è un altro settore dove la leadership è fondamentale; certo, manca di talune leve (ad esempio il denaro), ma gli obiettivi sono gli stessi e si collegano a solidarietà, creatività, lavoro comune. Le sagre, insomma, sono degli enormi incubatori di valori positivi. Ma vanno guidate.
Italo Giorgio Minguzzi, avvocato, storico dirigente del nostro Rotary, ha descritto la figura del leader che non solo deve “saper fare” ma deve anche “saper essere”. A lui compete, in particolare, l’assunzione della responsabilità e quella di creare squadra tra persone spesso molto diverse fra loro. Tutti devono in sostanza essere parte di un sistema, ma occorre un leader.
Un’altra testimonianza di rilievo, e particolare, è stata quella di Giorgio Dal Prato numero uno della Deco industrie, una grande cooperativa che conta 160 milioni di fatturato, con radici in Romagna ma attività in molte parti d’Italia. La visione complessiva di una realtà cooperativa, ha osservato, è oggettivamente diversa: è a più lungo periodo rispetto a un’entità produttiva privata, e punta a garantire reddito al lavoro e cash flow per dare linfa all’azienda. E’ evidente che la caratteristica della leadership sia conseguente a questa “diversità”. Dal Prato ha posto in luce anche la necessità, da parte del leader, di interagire fortemente con il manager; in sostanza la strategia deve ben miscelarsi con la gestione.
A conclusione dell’incontro, lo scrittore e giornalista Roberto Pazzi ha…sparigliato trattando il tema – bella l’intuizione degli organizzatori – in un’ottica culturale, al cui interno appare evidente come “manchino simboli e maestri”. Molte e dotte le citazioni portate dall’autore di “Conclave” (a proposito, il romanzo presto sarà “trasformato” in musical a New York); numerosi i riferimenti alla cultura greca e a quella romana, ma anche quelli alle difficoltà (decadenza?) dei nostri giorni: “dall’effetto della grandezza alla grandezza dell’effetto”; inevitabile la necessità, per molti, di “proiettare su qualcuno l’orgoglio di appartenenza”; insomma, si vanno ancora cercando eroi, forgiati dalla “grande bellezza” (si nasce così) o dal genio (anche in questo caso, ahimè, si tratta di un dono). Se poi gli eroi latitano, cercheremo di arrangiarci: c’è pur sempre lo smartphone.